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L’acquerello di Turner sulla pellicola di Leigh

Centocinquanta sono i minuti di un’opera che indiscutibilmente lascia il segno nonostante si senta la mancanza di un ritmo che fatica ad arrivare. Leigh fa comunque centro sfruttando la presenza scenica di Timothy Spall che si conferma, ancora una volta, un attore dalle grandi sfaccettature in grado di far amare anche il non-amabile (a tal proposito stupisce molto la sua mancata nomination all’Oscar).

William Turner vive la sua vita tra l’arte e la frequentazione dell’aristocrazia inglese, durante l’epoca vittoriana, stimatissimo dalla Royal Academy, circondato da un padre molto presente che per lui è tutto, anche il suo assistente e barbiere personale. Alla morte di quest ultimo Turner cade in uno sconforto dal quale, probabilmente, non si riprenderà mai più, ed è anche da questo profondo dolore, che sfocerà nell’incomunicabilità, che “il pittore della luce “ creerà i suoi più grandi capolavori.

Un uomo controverso, umorale, un orso, Turner ci appare totalmente incapace di confrontarsi con il prossimo, astioso con i colleghi, rude con le donne, dalla mo

 

glie e la figlia verso le quali non mostra un briciolo di umanità, alla serva che lo accudisce amorevolmente e, con la quale intrattiene rapporti sessuali occasionali.

Nonostante questo, non si riesce a non sorridere dei suoi grugniti e sbuffi, magistralmente rappresentati da Spall che, con estrema credibilità, rende ironicamente simpatico un personaggio che altrimenti potrebbe risultare a tratti  fastidioso e offensivo.

Fondamentale sarà il suo incontro con Mrs. Booth, interpretata da Marion Bailey, proprietaria di una locanda in riva al mare, che cambierà per sempre la sua vita, facendo trasparire una sensibilità d’animo che, forse, negava perfino a se stesso.

Leigh attraverso scenografie e costumi che affrescano una perfetta epoca vittoriana e una geniale fotografia, ci porta all’interno di una pittura forte e sfumata al contempo, tanto da non farci quasi rendere conto di dove finisce la pellicola e dove inizia la tela, ricca sia di tratti post romantici che pre impressionistici. Turner, infatti, usa i colori con estrema libertà, con l’impazienza di chi vuole eternare all’istante l’esperienza vissuta e con la compulsione bramosa di chi ha la necessità di non far scappare nulla di ciò che è stato visto. Indimenticabile è il momento  in cui Turner si fa legare all’albero di una nave per poter vivere personalmente  l’esperienza della tempesta e averne una visione diretta e vivere e, far vivere, il caos di un universo che ci sfugge di mano.

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