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Ho ucciso Napoleone, ironia e cinismo

Una commedia noir per ribaltare e capovolgere con ironia e cinismo i ruoli dell’uomo e della donna

Sull’onda del successo di Amiche da Morire, Giorgia Farina punta nuovamente sulla commedia tutta al femminile, trovando in Micaela Ramazzotti la sua vendicativa protagonista.

Anita, è una donna manager, algida, fredda e impenetrabile che, quando scopre di essere incinta del suo capo con cui ha incontri occasionali privi di coinvolgimenti sentimentali, viene licenziata dall’azienda farmaceutica per cui lavora. Qui scatta il piano della donna, che non solo vuole riprendersi quello che le è stato tolto, ma anche vendicarsi. In questa impresa si farà aiutare da un gruppo di disoccupate disperate, dedite al traffico illegale di farmaci, conosciute proprio al parco di fronte l’azienda (Thony, Elena Sofia Ricci, Iaia Forte) e da un avvocato ingenuo e stupidotto.

I personaggi del film hanno un’interessante psicologia, curata e approfondita nei dettagli. Nessuno è come sembra. Chi è buono e chi è cattivo? Tutti portano avanti un loro piano, onesto o meno questo è da vedere. Tutti cercano di riprendersi quello che gli è stato tolto, ingiustamente o no. Tutti sono vittime dell’inaffidabilità delle loro famiglie durante l’infanzia.

Ho ucciso Napoleone racconta di una donna cinica e calcolatrice, anche cattiva a tratti, molto distante da quello che siamo abituati a vedere, nessun buonismo, nessuna eroina positiva dedita a marito e figli.

Ammirevole lo sforzo e l’impegno di Micaela Ramazzotti nell’interpretare per la prima volta un ruolo poco empatico con il pubblico, distante dalla mammina ingenua e svampita de “La prima cosa bella”, insomma una dark lady a tutto tondo. Questo è senza dubbio uno dei meriti di Giorgia Farina, quello di aver rischiato senza paura di raccontare una donna che basta a se stessa, che decide di vivere come un ” sofficino surgelato”, che vive serenamente senza figli e marito, ben lontana dall’idea della donna che ancora oggi abbiamo nell’immaginario collettivo.

La parte maschile del film composta da Adriano Giannini e Libero de Rienzo risulta forte e credibile. Gli uomini sono rappresentati come vittime delle figure femminili di riferimento, ma carnefici nel voler tessere loro stessi una trama di vendetta.

Perfettamente in linea con le sfumature della commedia noir, Giorgia Farina porta a casa un buon lavoro, studiato nel dettaglio a partire dalla sceneggiatura scritta a quattro mani con Federica Pontremoli (già vincitrice di un David di Donatello), fino alla fotografia psichedelica e dai colori caldi, alla musica firmata The Trashmen che incornicia i momenti dove l’odio e la vendetta hanno il loro picco.

Il film a tratti è vittima di momenti morti e  situazioni che vorrebbero strappare la risata ma che non riescono nell’obiettivo fino in fondo, diversamente da quanto era riuscito a fare Amiche da morire, il cui successo ci sembra così inarrivabile.

Comunque Giorgia Farina resta una delle giovani (per davvero) registe italiane più promettenti e dalle idee ben chiare, con in più il merito di mostrare a tutti che in fondo la solidarietà femminile esiste, soprattutto contro gli uomini.

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